L’art. 3, del D.Lgs. 66/2003 ha previsto, con validità generale, che l’orario settimanale di lavoro sia pari a massimo 40 ore. Un ruolo importante in questo campo, però, è riservato alla contrattazione collettiva, alla quale la maggior parte delle disposizioni contenute nel decreto citato demanda la facoltà di modificare e/o integrare il precetto legale, con l’intento di incentivare l’utilizzo della flessibilità oraria ed organizzativa quale strumento per far fronte alle diverse esigenze produttive.

Tale regola generale, quindi, trova una deroga nella disciplina della flessibilità dell’orario che, nel CCNL Farmacie Private, che dovrebbe essere quello applicato nel Suo caso, consente che si possa prevedere un’articolazione diversa dell’orario, con sforamento dello stesso, ma non oltre le 46 ore settimanali, per un periodo non superiore a 16 settimane nel corso di ciascun anno di riferimento. I lavoratori interessati dall’applicazione di tali clausole cc.dd. flessibili percepiranno la retribuzione relativa all'orario settimanale contrattuale, sia nei periodi di superamento che in quelli di corrispondente riduzione dell'orario contrattuale. In sostanza il rispetto dell’orario massimo di lavoro fissato dal D.Lgs. 66/2003 può essere attuato anche attraverso orari settimanali diversificati la cui media finale con riferimento al periodo massimo di 16 settimane corrisponda alle 40 ore canoniche.

L’articolazione diversa dell’orario di lavoro deve comunque essere formalizzata per iscritto al momento dell'assunzione (o della successiva trasformazione del contratto, o anche in seguito). Le ore prestate in più saranno accantonate in una c.d. banca ore e verranno man mano utilizzate nelle settimane di orario inferiore al normale. In tale situazione, quindi non si parla di straordinari e maggiorazioni, e tutte le ore sono retribuite ordinariamente : saremo di fronte allo straordinario oltre la 46^ ora settimanale.

Nella attuale normativa in vigore è stato cancellato il c.d. diritto al  ripensamento, cioè il diritto, dopo almeno sei mesi e per motivate ragioni, di tornare a svolgere la prestazione secondo quanto inizialmente previsto, anche se l’eventuale rifiuto del lavoratore a dare la disponibilità a variazioni temporali non può essere un giustificato motivo di licenziamento (art. 46,comma 9, D.lgs.66/03), ma configurare eventualmente un’ipotesi di infrazione disciplinare.

Quanto detto non vale in caso di lavoro part-time, per il quale è prevista la predeterminazione dell’orario di lavoro per iscritto nel contratto.

Silvia Di Domenico

Dottore Commercialista

Revisore Legale

                         

 

 

                                                                                                                

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