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2013 e crisi : che cosa dicono i dati....

Notizie complesse e a volte contrastanti arrivano da piu' parti sulla situazione italiana nel 2013 e piu' in generale sullo scenario della crisi.
Lo spunto di riflessione proviene dall'analisi dell'Istituto nazionale di statistica relativa ai dati dell'anno appena concluso. Partendo dal PIL, Prodotto Interno Lordo, si conferma la preannunciata contrazione, che e' stata pari all'1,9%, vale a dire al di sotto del risultato del 2000.

Nel rapporto Deficit/PIL raggiungiamo la misura del 3%, a fronte di un avanzo primario (differenza fra spesa pubblica ed entrate tributarie e extra-tributarie, esclusi gli interessi a servizio del debito) che scende dal 2,5% al 2,2% e di un debito pubblico accumulato che tocca il livello record del 132,6% del PIL, con un aumento di 5,6 punti percentuali rispetto al 2012. Sul fronte della domanda, quella per consumi finali nazionali subisce la flessione del 2,2%, mentre quella per investimenti fissi lordi del 4,7%. La spesa complessiva, scesa a 114,3 miliardi, registra un calo di 3,6 miliardi, con la spesa per consumi delle famiglie a -2,6%, quella per prodotti alimentari a -3,1%, quella per l'abbigliamento a -5,2% e quella per il settore sanita' a -5,7%.
Sul fronte import-export, se le esportazioni di beni e servizi registrano un aumento dello 0,1%, le importazioni incassano una diminuzione del 2,8%. Di segno opposto i dati sulle retribuzioni lorde pro capite, che aumentano dell'1,4% (settore agricolo +2,6%, industria +2%, costruzioni +1,8% e servizi +0,9%), con una diminuzione pero' dello 0,7% dei redditi da lavoro dipendente.
Per non parlare della c.d. pressione fiscale, che risulterebbe essere diminuita dello 0,2%, assestandosi al 43,8%. C'e' da sottolineare, pero', che le entrate totali della PA sono diminuite dello 0,3% e che si e' registrato, come era logico attendersi, un calo del gettito IVA-IMU-Accise con conseguente diminuzione dell'entrate da imposte indirette di circa il 2,6%. Aumentano, invece, dello 0,6% le entrate da imposte dirette.
Se poi ci si sposta dai dati dell'ISTAT a quelli dei tribunali e delle camere di commercio, si continua ad assistere alla chiusura delle aziende per motivi legati al c.d. credit crunch, come sottolineato da un'indagine Cerved che ha liquidato il 2013 come uno dei piu' duri del periodo di crisi. Liquidazioni volontarie, fallimenti e procedure non fallimentari hanno lasciato sul campo ben 111.000 aziende, con un aumento del 7,3% rispetto al 2012.
I concordati preventivi sono aumentati del 103%, mentre i fallimenti del 12%, con un'accelerazione nell'ultimo trimestre 2013, toccando tutti i settori produttivi e non risparmiando neanche quelli che avevano dato segnali di una timida ma graduale ripresa. Anche per le altre procedure concorsuali si e' dovuto registrare il risultato record dell'aumento del 53,8%, giungendo ad un numero di circa 3.000, e per le liquidazioni volontarie, che da sole hanno provocato la cessazione dell'attivita' per ben 94.000 aziende, si registra un +5,6%.
Giungono, per fortuna e sperando siano forieri di buone notizie, auspici positivi dal presidente della BCE, Mario Draghi, che, all'audizione al Parlamento dell'Unione, afferma che il peggio sia alle nostre spalle e che, nonostante i perduranti rischi e la forte disoccupazione, la ripresa possa essere piu' vicina. Nei vari paesi sono in corso di attuazione come misure di assestamento quelle riforme strutturali relative al bilanciamento dei conti pubblici nazionali che non pochi problemi stanno causando ai cittadini, ragion per cui il risultato finale non puo' ancora dirsi raggiunto, ma i segnali vanno interpretati come positivi, nonostante la bassa occupazione perdurante e l'aumento della disoccupazione (che ha raggiunto il 12,9% a Gennaio 2014).
Per concludere, pero', non si puo' tralasciare il punto di vista FMI che, attraverso le parole di Christine Lagarde sottolinea come l'inflazione ai minimi storici dell'area Euro svolga un effetto deprimente sulla ripresa e che i problemi siano tuttora rappresentati da una parte dagli alti livelli di debiti nazionali e dell'altra dalla frammentazione finanziaria dell'Eurozona.

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